Newsletter100921: SALARIO MINIMO In Germania piace alla grande impresa

ECONOMIA Secondo un recente studio proveniente da Londra l’introduzione del salario minimo in Germania nel 2015 non solo non ha prodotto un innalzamento del tasso di disoccupazione, ma ha determinato una parziale riorganizzazione del sistema delle imprese, spingendo fuori mercato un certo numero di aziende di dimensioni ridotte e scarsa efficienza economica. Un’osservazione che spiega l’opposizione che il mondo economico e la politica in Italia hanno fatto all’assunzione di misure analoghe. SINISTRA Un viaggio nella sinistra afghana dalle origini fino alle difficili condizioni poste dall’occupazione: la seconda e ultima parte del saggio che abbiamo iniziato a pubblicare nell’ultima newsletter.

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Newsletter210521: Salario fai da te. Il contratto nazionale non serve

LAVORO Se a pagare 4 euro l’ora una dipendente ritenendo indebito applicare un contratto collettivo non è una piccola impresa in difficoltà, ma un’associazione datoriale con oltre 3.000 associati, non ci troviamo più di fronte a un mero episodio di cronaca, ma a un atto che in qualche modo contiene una precisa rivendicazione. È quanto è successo a un’ex dipendente di Federlazio, che però si è vista dare ragione in primo e in secondo grado dai giudici del lavoro. Un episodio che fa luce sulla giungla della rappresentanza e ripropone l’attualità del salario minimo. IMMIGRAZIONE Il ministro degli esteri Di Maio sulle orme dell’ex ministro degli interni Minniti? L’accordo da 2,5 milioni di euro che secondo un sito d’intelligence l’Italia avrebbe sottoscritto il 6 maggio a Roma con un ministro del Mali ed esponente delle milizie tuareg che vivono nel nord del paese, ufficialmente sembra un trattato per il rimpatrio di migranti clandestini, ma più probabilmente potrebbe essere un patto per bloccare i flussi sulla “frontiera avanzata d’Europa”. E il fatto che venga sottaciuto ci conferma che potrebbe essere così.

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Newsletter110521: Dagli USA una strategia per i lavoratori di Amazon

LAVORO Un lungo colloquio con Charmaine Chua, studiosa di logistica, ma anche collaboratrice di Amazonians United, rete di lavoratori-attivisti nata due anni fa negli USA, ci spiega come è possibile organizzare i lavoratori attorno ad alcune elementari rivendicazioni sindacali anche se nei magazzini Amazon finora non esiste un sindacato ufficialmente riconosciuto e affronta il problema della strategia. Se Amazon utilizza la sua tentacolare rete logistica per rendere gli scioperi inefficaci, allora è necessario sfruttare i punti deboli, le “strozzature” della rete stessa, per impedirglielo. Una riflessione che ci pare di grande attualità anche in Italia. SALARIO MINIMO Nel discorso del Primo Maggio il segretario della CGIL Landini ha riproposto la formula per cui il salario minimo non basta. Vero. Ma sembra un modo un po’ da sindacalisti per dire che la CGIL è contraria senza riconoscerlo apertamente.

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Newsletter210321: Biden accantona il salario minimo

AMERICA Tra le promesse elettorali di Joe Biden quella di aumentare il salario minimo federale a 15 dollari l’ora sembra la prima a essere ormai sacrificata alla Realpolitik e alla “conciliazione nazionale”. A gennaio intanto il fondatore del Center for Economic and Policy Research di Washington Dean Baker ha pubblicato un articolo in cui afferma che se il salario minimo avesse tenuto il passo con la produttività dell’economia USA oggi sarebbe 25 dollari l’ora invece di 15. Una tesi che smentisce anche una delle principali argomentazioni utilizzate dai detrattori del salario minimo in Italia. AFRICA Il conflitto permanente che divide la Repubblica Democratica del Congo e fa da sfondo all’agguato all’ambasciatore Attanasio ha varie chiavi di lettura: una è lo scontro tra le grandi compagnie minerarie straniere e l’arretrato capitalismo semiartigianale congolese per l’estrazione di valore dalle risorse del ricco sottosuolo congolese e la spartizione e l’utilizzo dei profitti che ne derivano.

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OIL, il covid-19 aggrava la crisi dei salari

Secondo l’ultimo rapporto dell’OIL la pandemia ha causato una riduzione o una crescita più lenta degli stipendi in due terzi dei paesi per i quali erano disponibili dati ufficiali. Una simulazione degli autori sui potenziali effetti di un rafforzamento dello strumento del salario minimo indica che l’Italia, tra i paesi UE che non ne dispongono, ne trarrebbe i maggiori benefici.

ELENA RUSCA, Ginevra, 2 dicembre 2020

L’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha presentato il nuovo “Global Wage Report 2020-2021”, il rapporto sull’andamento dei salari nel mondo. Questa edizione era sottotitolata “Wages and minimum wages in the time of Covid-19” (Salari e salari minimi nell’epoca del Covid-19). La tendenza generale fotografata dal Rapporto è quella di una stagnazione dei salari che il covid-19 ha semplicemente amplificato. Anche prima dello scoppio della pandemia, infatti, centinaia di milioni di lavoratori in tutto il mondo venivano pagati meno del salario minimo, pur con dinamiche contraddittorie. Mentre tra il 2008 e il 2019 in Cina i salari reali sono più che duplicati, nelle economie del G20 si registrano tendenze disomogenee. Le retribuzioni sono cresciute del 22% in Corea del sud e del 15% in Germania, mentre sono diminuite in Italia, in Giappone e nel Regno Unito.

FIGURA 1: salari medi reali nei paesi del G20 (2008-2019)

La pandemia ha aggravato la situazione e gli effetti più negativi della crisi si sono fatti sentire sulle retribuzioni delle donne e dei lavoratori con salari inferiori. Inoltre, analizzando i dati, è emerso che se nei due terzi dei paesi analizzati si è registrata una diminuzione o una crescita più lenta dei salari medi, anche l’aumento del dato registrato in un terzo dei paesi che hanno fornito i dati è dovuto all’effetto distorsivo della perdita del lavoro da parte di milioni di lavoratori sottopagati sul valore del salario medio. In periodi di crisi, infatti, fanno notare i ricercatori dell’OIL, il valore del salario medio può variare per diverse ragioni, tra cui il cosiddetto “effetto composizione” della forza-lavoro. In Brasile, Canada, Francia, Italia e Stati Uniti, ad esempio, tra il 2019 e la prima metà del 2020 i salari medi sono cresciuti in modo marcato contestualmente alla massiccia espulsione di lavoratori con retribuzioni più basse. Al contrario in Giappone, Corea del sud e Regno Unito si è registrata una pressione inversa.

FIGURA 2: comparazione tra crescita dei salari nominali e reali (2019-2020). La crescita dei salari nominali (cioè al lordo dell’inflazione) nel 2020 nei paesi del G20 è legata in larga misura all’effetto composizione. Questo spiega anche il fatto che mentre nel 2019 i salari reali sono aumentati circa la metà di quelli nominali, nel 2020 la differenza diminuisce: i salari più alti infatti recuperano meglio l’inflazione, che peraltro in parecchi settori ristagna o diminuisce a causa della pandemia. Fa eccezione la Corea del sud, colpita in modo relativamente leggero dalla pandemia – 11 decessi per milione di persone, contro gli ormai quasi mille dell’Italia – dove nel 2019 la crescita dei salari reali quasi eguagliava quella nominale, mentre quest’anno è restata al palo (non va comunque tralasciato l’impatto della pandemia sulle esportazioni).

Nei paesi in cui sono state adottate misure energiche per preservare l’occupazione gli effetti della crisi sono stati avvertiti principalmente nei termini di un taglio dei salari, piuttosto che di una massiccia perdita di posti di lavoro. Il World Wage Report 2020-2021 inoltre indica che la crisi non ha colpito tutti i lavoratori allo stesso modo. Le donne hanno sofferto più degli uomini. Le stime basate su un campione di 28 paesi europei mostrano che, senza i sussidi, nel secondo trimestre del 2020 la perdita salariale per le donne sarebbe stata dell’8,1% contro il 5,4% degli uomini. Alla base di tale discrepanza c’è il fatto che le lavoratrici hanno subito una riduzione del numero di ore lavorate del 6,9% contro il 4,7% dei lavoratori.

FIGURA 3: perdita % di salario per paese e per genere tra i trimestri I e II 2020

La crisi ha anche inferto un duro colpo ai lavoratori meno pagati. I meno qualificati hanno perso più ore di lavoro rispetto a quelli che svolgono mansioni manageriali o comunque di livello superiore. Utilizzando i dati di un gruppo di 28 paesi europei il rapporto spiega che senza i sussidi il 50% meno pagato dei lavoratori (cioè coloro che percepiscono meno del salario mediano)  avrebbe perso il 17,3% del salario, contro una perdita media del 6,5% per tutti i lavoratori. I sussidi hanno consentito di coprire il 40% di tale perdita e di ridurre l’ampiezza delle disuguaglianze, essendo stati destinati in particolare ai lavoratori a basso reddito.

Secondo Guy Ryder, Direttore Generale dell’OIL “La crescita della disuguaglianza dovuta alla crisi del Covid-19 potrebbe lasciare un devastante squilibrio tra povertà e instabilità sociale ed economica di enormi proporzioni. La nostra strategia di recupero deve essere incentrata sulle persone. Abbiamo bisogno di politiche salariali adeguate che tengano conto della sostenibilità dell’occupazione e delle imprese, che affrontino anche le disuguaglianze e la necessità di sostenere la domanda. Se vogliamo ricostruire pensando a un futuro migliore, dobbiamo anche porci domande scomode, ad esempio il motivo per cui così spesso occupazioni di grande valore sociale, come badanti e insegnanti, sono sinonimo di bassa retribuzione”.

Il Rapporto include anche un’analisi dei sistemi di salario minimo, un istituto che potrebbe rappresentare un fattore determinante per ottenere una ripresa sostenibile ed equa. Attualmente il 90% degli Stati membri dell’OIL ha una qualche forma di salario minimo, metà nella forma di un salario minimo nazionale fissato per legge e metà con salari minimi differenti nei diversi settori fissati dalla contrattazione collettiva. Tuttavia, anche prima dell’inizio della pandemia CoViD19, a livello globale, 327 milioni di persone (il 19% della forza-lavoro complessiva) guadagnavano una cifra pari o inferiore al salario minimo. Tra questi 266 milioni di persone – il 15% dei lavoratori stipendiati nel mondo – guadagnano meno del salario minimo o perché non sono coperti dal salario minimo o perché i loro datori non lo applicano. Si tratta, in particolare, di lavoratori agricoli e domestici. Le donne che ricevono il salario minimo o meno sono 152 milioni, il 47%, mentre rappresentano il 39% di chi guadagna più del salario minimo.

La prevalenza di donne, under 25 e lavoratori precari tra i percettori del salario minimo conferma che si tratta di un importante strumento di riduzione delle diseguaglianze. Secondo l’OIL la capacità del salario minimo di svolgere tale funzione si basa su tre fattori: l’efficacia, cioè il numero dei lavoratori coperti e a cui viene effettivamente pagato il salario minimo; l’adeguatezza, cioè il rapporto tra importo e costo della vita; infine la composizione della forza-lavoro, in particolare se i lavoratori pagati meno sono dipendenti o autonomi e se vivono o meno in famiglie anch’esse a basso reddito. Una simulazione effettuata dai ricercatori dell’OIL in base ai dati di 41 paesi indica che aumentando l’efficacia del salario minimo e incrementandone l’importo fino a due terzi del salario mediano (in Italia nel settore privato non agricolo il salario mediano lordo è 11,2 euro) potrebbe ridurre le diseguaglianze di una quota compresa tra il 3% e il 10%.

FIGURA 4: potenziale impatto di un salario minimo per tutti (blu) e a 2/3 del salario mediano (rosso) nei paesi europei che non hanno il salario  minimo per legge, misurato tramite (a) indice di Palma (rapporto tra il reddito del 10% più ricco e del 40% più povero) e (b) coefficiente di Gini (varia tra 0, uguaglianza perfetta della ricchezza, e 1, tutta la ricchezza posseduta da una sola persona). Si noti che l’Italia è il paese che avrebbe i maggiori benefici.

FIGURA 5: come sopra ma in questo caso si misura l’impatto su (a) la diminuzione della povertà relativa (cioè riparametrata sul reddito pro capite del paese) delle famiglie e (b) sulle famiglie che registrerebbero un aumento del reddito. In base alla simulazione dell’OIL l’Italia con l’introduzione di un salario minimo a queste condizioni potrebbe ridurre quasi del 15% la povertà relativa e tra il 20% e il 22% delle famiglie vedrebbero aumentare il proprio reddito.

I dati dell’OIL indicano che il salario minimo nei paesi sviluppati si colloca mediamente intorno al 55% del salario mediano (con una fascia di oscillazione tra il 50% e il 67%), nei paesi in via di sviluppo intorno al 67% (con una fascia di oscillazione tra il 16% del Bangladesh e il 147% dell’Honduras). Nel 2019 il salario minimo mediano a livello mondiale è stato pari a 496 dollari al mese (a parità di potere d’acquisto) e alcuni paesi hanno fissato il salario minimo al di sotto della soglia di povertà. Uno degli aspetti cruciali per garantire l’adeguatezza del salario minimo è che il suo importo venga aggiornato di frequente. In realtà però nel periodo 2010-2019 solo il 54% dei paesi lo ha fatto almeno ogni due anni. La pandemia, inoltre, ha alimentato una tendenza a posticipare l’aumento del salario minimo nei paesi che non lo aggiornano regolarmente.

“Un salario minimo adeguato salva il lavoratore da una paga bassa e riduce le disuguaglianze”, ha detto Rosalía Vázquez Álvarez, uno degli autori del rapporto. “Tuttavia, rendere efficaci le politiche del salario minimo richiede un insieme completo e inclusivo di misure. Significa ottenere una maggiore conformità, estendere la copertura a più lavoratori, stabilire un salario minimo a un livello adeguato e aggiornarlo, in modo che il lavoratore e la famiglia possano avere un tenore di vita migliore. Nei paesi in via di sviluppo ed emergenti, il miglioramento della conformità richiederà il passaggio dei lavoratori dal settore sommerso a quello regolare”.

Newsletter011220: Salario minimo, botta e risposta con Adapt

LAVORO Un intervento di Francesco Seghezzi e Michele Tiraboschi (Adapt) sul Sole24Ore di venerdì accusa chi vuole introdurre il salario minimo orario in Italia di scegliere una scorciatoia che non affronta alla radice la questione salariale e prospetta come via maestra, invece, riduzione del cuneo fiscale e aumenti salariali legati alla produttività. Vorrebbe dire da una parte aumentare i salari a scapito dei servizi che oggi semmai bisognerebbe rafforzare per combattere il covid, dall’altra far finta di ignorare che sono proprio i bassi salari che hanno permesso alle imprese italiane di fare profitti senza investire. Rispondono gli organizzatori di “Salario minimo anche in Italia”. POLITICA Un’escalation di violenza poliziesca culminata la scorsa settimana in due episodi che lo stesso ministro degli interni ha definito “scioccanti”, ma il Governo reagisce proponendo una norma che vieterebbe la diffusione di immagini che colpiscono la “integrità morale o fisica delle forze dell’ordine”. Non accade in Ungheria, in Polonia o nell’America di Trump, ma a Parigi.

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Newsletter201120: “Salario minimo per ricomporre il mondo del lavoro”

LAVORO La pandemia ha messo a nudo la menzogna secondo cui i salari crescono in proporzione alla produttività. Ma in realtà senza aumentare i salari e rilanciare la domanda interna una ripresa economica equilibrata e stabile è pura utopia. Per questo salario minimo orario e ammortizzatori in grado di garantire un reddito dignitoso sono un ingrediente fondamentale. Ne parliamo con Simone Fana, coautore di Basta salari da fame! Una pagina Facebook, “Salario Minmo anche in Italia” e una petizione (di cui pubblichiamo il testo) provano a tradurre questo ragionamento generale in una proposta concreta: salario minimo a 9 euro, cassa integrazione e indennità di disoccupazione al 90% della retribuzione. GEOPOLITICA Si è chiuso un paio di settimane fa un conflitto a cui l’opinione pubblica mondiale, distratta dalla pandemia, ha fatto poco caso, quello nel Nagorno Karabakh, ma dalle conseguenze potenzialmente importanti. Per comprendere il significato geopolitico dell’accordo di pace è utile prendere in considerazione il punto di vista della stampa economica internazionale. SEGNALAZIONI Pandemia e statistica (Alleva e Zuliani sul Corriere); “Negazionismo” (Wuming).

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Newsletter061120: Miliardari più ricchi, il covid aiuta

SOCIETA’”Non ci sono i soldi” viene ripetuto ogniqualvolta si chiedono investimenti sulla sanità e sui trasporti, più ammortizzatori sociali, retribuzioni dignitose. Ma a giudicare da un rapporto dell’Unione delle Banche Svizzere e di PricewaterhouseCoopers i soldi, da qualche parte, ci sono. La ricchezza dei miliardari in due anni e mezzo è aumentata del 20%. E la pandemia viene salutata con una manna. LAVORO Ancora Svizzera: dopo Neuchâtel e Jura a ottobre anche a Ginevra un referendum ha approvato l’introduzione di un salario minimo di 23 franchi l’ora e lo stesso probabilmente farà Basilea. Il paese delle banche sta diventando “socialista”? Da Ginevra una corrispondenza di Elena Rusca. POLITICA Lunedì a Londra sono iniziate le udienze dell’inchiesta Spy Cops, 40 anni di infiltrazioni di Scotland Yard nei movimenti di opposizione sociale scoperte casualmente nel 2010 e attuate sotto governi di ogni colore. Mentre qui la ministra Lamorgese (non Salvini) promuove due condannati del G8. Due notizie, un’occasione per riflettere sulla natura delle nostre “democrazie”.

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Newsletter161020: Salari, con Bruxelles o con Visegrad?

LAVORO/POLITICA&SINDACATO Di fronte all’iniziativa della presidentessa della Commissione Europea Ursula von der Leyen sul salario minimo per il capitalismo italiano si pone un problema di posizionamento in Europa: con Francia e Germania contro il dumping salariale o coi paesi di Visegrad per competere offrendo lavoro a basso costo? Ma anche per il sindacato italiano (ed europeo) la domanda è: stare col sindacato tedesco che cinque anni fa ha detto sì al salario minimo e oggi discute di riduzione della settimana lavorativa a quattro giorni oppure da un’altra parte? Per ragionare sulla base di dati oggettivi in questo numero analizziamo le dinamiche salariali e come funziona il salario minimo nei paesi dell’Unione Europea in cui è presente e se è proprio vero che i bassi salari nei paesi come il nostro sono conseguenza della scarsa produttività del lavoro.

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Newsletter170120: Francia, la mossa tattica di Macron

POLITICA La notizia del ritiro temporaneo dell’età di equilibrio per la pensione dal progetto di riforma che ha scatenato la reazione dei sindacati francesi in Italia è stata accolta con eccessivo entusiasmo. Qualcuno vi ha visto una sconfitta del Governo e di Macron. In realtà è troppo presto per dirlo. La mossa di Edouard Philippe è tattica e mira chiaramente a dividere il fronte sindacale, obiettivo in qualche misura conseguito. E’ nelle prossime settimane che si giocano le sorti di questa mobilitazione. LAVORO Quello dei contratti-pirata è un fenomeno poco noto, ma il cui impatto sul mondo del lavoro si sta facendo rapidamente significativo. Si parla di 2 milioni di lavoratori coinvolti e 3 miliardi sottratti allo Stato ogni anno. Dalla Toscana arriva una sentenza della magistratura che potrebbe porvi un argine, almeno per quando riguarda il settore della cooperazione. Maurizio Magi, della Filcams CGIL fiorentina, ci spiega il caso dell’hotel Minerva, dove una decina di lavoratori in appalto ha impugnato l’imposizione di un contratto farlocco e si è vista riconoscere l’applicazione di quello firmato da sindacati e associazioni di categoria maggiormente rappresentativi.

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