Newsletter270224: L’imperialismo italiano a due anni dall’invasione dell’Ucraina

POLITICA A due anni dall’invasione russa dell’Ucraina non solo la carneficina non accenna a terminare, ma la guerra provoca uno strisciante ma profondo adeguamento della società italiana a una nuova fase di conflitti internazionali, che spiega anche alcuni episodi di attualità. La guerra, ad esempio, è il pretesto per irrigidire la disciplina sociale a partire dai giovani. “Il nemico è in casa nostra”, lo conferma persino un lungo reportage di Foreign Policy, secondo cui le armi impiegate dai russi in Ucraina contengono una eccezionale quantità di componenti americane ed europee vendute loro da aziende che lucrano sulla guerra aggirando le sanzioni relativamente modeste. Eppure i giornali non pubblicano liste di proscrizione coi nomi delle aziende, come invece avviene con chi critica la NATO.

Newsletter030522: I rischi della polveriera ucraina

POLITICA Due articoli tratti dalla stampa americana e israeliana ci forniscono spunti di riflessione interessanti circa i rischi della polveriera ucraina. Foreign Policy analizza i possibili effetti dell’invio massiccio di sistemi d’arma tra i più sofisticati e foreign foghters in un paese da tempo protagonista di traffici d’armi illegali. Mentre Haaretz documenta le dichiarazioni di Zelenski secondo cui l’Ucraina del dopoguerra imiterà Israele e “non sarà assolutamente uno Stato liberale all’europea”. STORIA Un articolo di Amedeo Rossi, prendendo le mosse dalle consuete polemiche alla vigilia delle celebrazioni del 25 aprile, recensisce un recente volume e analizza la storia della Brigata Ebraica e il suo utilizzo propagandistico.

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Newsletter290322: Armare Zelenski dopo aver armato Putin

GUERRA&ARMAMENTI Diversamente dall’idea che ci viene veicolata in questi giorni il riarmo italiano non inizierà a causa dell’invasione russa dell’Ucraina, ma è già iniziato da tempo, così come le scelte dell’industria militare nazionale e dei governi (a cui spetta autorizzare le esportazioni) non sembrano essere mai state influenzate da considerazioni circa il tasso di democrazia degli Stati acquirenti. L’Italia ha venduto mezzi militari alla Russia di Putin persino dopo l’entrata in vigore dell’embargo del 2014, alcuni dei quali sono finiti a milizie sciite in Siria, altro oggi sono sui campi di battaglia dell’Ucraina. Quanto all’embargo europeo, anch’esso si ispira alla vecchia massima latina “pecunia non olet”. Eppure oggi in Italia vi sarebbero le forze per una contestazione di massa della politica del governo e alcuni casi internazionali, nel pieno della pandemia, mostrano che la riconversione dal militare al civile è possibile. Ne parliamo con un ricercatore del SIPRI di Stoccolma e con Gianni Alioti, ex responsabile dell’ufficio internazionale della FIM CISL.  

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Newsletter010322: Le possibili conseguenze della guerra

GUERRA&ARMI UE e Italia invieranno armi all’Ucraina. Come spiega la nota di Piero Acquilino è uno dei tanti effetti di un periodo storico in cui, finita l’era deterrenza nucleare, il tema strategico centrale è diventato come fare la guerra senza che questa si trasformi in conflitto totale, in un mondo in cui le fitte trame di legami economici tra paesi sviluppati rendono sempre più difficile fare la guerra senza innescare una reazione a catena. Le armi sono anche lo strumento attraverso cui il complesso militar-industriale americano maneggia somme colossali di denaro pubblico, nel 2021 quasi 800 miliardi di dollari, quasi metà del PIL italiano, e ne ricavano profitti miliardari e potere. Il business delle armi, tuttavia, ingrassa anche l’industria bellica italiana, come ci racconta il secondo reportage di Elena Rusca dai campi minati del Sahara occidentale.

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