Newsletter170123: “Io, operaio italiano a Sheffield, sto con chi sciopera”

LOTTE Ancora uno sguardo agli scioperi dei lavoratori britannici. Questa volta ne parliamo con un italiano che da 7 anni lavora come operaio specializzato in una fabbrica metalmeccanica a Sheffield. Andrea ci racconta la condizione dei lavoratori inglesi e il collasso dei servizi pubblici con gli occhi di chi è ormai integrato nella working class britannica, ma allo stesso tempo è in grado di spiegarci analogie e differenze con la situazione italiana. LETTURE In “Dopo la democrazia tra populismo e tecnocrazia: un decennio vissuto pericolosamente” Giuseppe Alberto Falci e Jacopo Tondelli ripercorrono il decennio da Monti alla fine di Draghi e raccontano in modo impietoso ciò che chiamano “l’avvelenamento della democrazia italiana”. Ma veramente tecnocrazia e populismo rappresentano una degenerazione della democrazia dei bei tempi andati? O sono solo l’arma utilizzata dai diversi settori della borghesia italiana per rispondere alla propria crisi di fronte alle sfide di un capitalismo che cambia?

Newsletter071022: IRAN “Le proteste scuotono un regime in crisi”

INTERNAZIONALE Le manifestazioni che attraversano l’Iran dopo l’uccisione di Mahsa Amini sono segnate dalla brutalità delle forze di sicurezza iraniane, ma allo stesso tempo da un inedito livello di tenacia e organizzazione da parte dei manifestanti. E avvengono in un contesto internazionale che non può non influire sull’atteggiamento americano ed europeo. Nel parliamo con Alì Ghaderi (Fedayn del Popolo Iraniano). STORIA Dopo la pubblicazione di un estratto delle interviste di Angelo Tasca ad alcuni dei principali testimoni politici della Marcia su Roma ripubblichiamo, con lo stesso interno di chiarificazione di un periodo storico complesso, un articolo di qualche anno fa, che ricostruisce il clima politico, sociale e culturale postbellico in cui si svilupparono fenomeni, che oggi qualcuno ricomprenderebbe nell’ampia categoria del “populismo”, come futurismo, fasci, arditi e legionari.

Newsletter260321: Draghi e il populismo delle classi dirigenti

ITALIA Un mese fa tutti lo celebravano come il salvatore della patria, oggi è accusato di essere subalterno a Germania e Francia e, per qualcuno, persino a Salvini, ma Mario Draghi sta facendo semplicemente quello per cui è stato chiamato da chi ora storce il naso. Quando c’è da coprire le proprie magagne i salotti riesumano il populismo delle classi dirigenti, salvo lamentarsi se poi arriva qualcuno che il populista lo sa fare meglio di loro. MYANMAR La narrazione edificante della coraggiosa Aung San Suu Kyi in lotta contro la dittatura militare ritorna ad affacciarsi dopo il colpo di Stato, ma già 10 anni fa quella narrazione si era scontrata con una realtà diversa: una leader che ha messo la propria immagine presentabile al servizio di un paese apertosi ai mercati, ma senza rinunciare a una sostanziale continuità col passato. Coi militari dietro le quinte pronti a tornare, come infatti è successo.

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Newsletter291119: India, il ‘populismo’ ignorato

POLITICA C’è un premier ‘populista’ che decide da un giorno all’altro di violare apertamente la propria Costituzione occupando militarmente un territorio sotto la propria giurisdizione e aizzando la propria base contro la minoranza religiosa musulmana. Si chiama Narendra Modi ed è il primo ministro indiano. Eppure, quando si evoca l’ascesa della destra nazionalista nel mondo, nessuno parla dell’India. ECONOMIA Che cos’è il MES, come funziona ed è davvero un fondo ‘salva-Stati’? In questa newsletter vi spieghiamo i contenuti di una riforma il cui testo è definitivo ormai da giugno e che da gennaio passerà al vaglio dei parlamenti nazionali per il voto di ratifica. Se l’opinione pubblica non è stata informata la responsabilità non è di Giuseppe Conte, ma della maggioranza giallo-verde e dell’opposizione, che hanno tenuto la discussione in sordina per un anno e mezzo.

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Newsletter100519: classe media in crisi

SOCIETA’ Un recente rapporto dell’OCSE sul declino della classe media ha suscitato una certa eco anche in una parte dell’establishment politico-economico nazionale. Sia il Sole24Ore sia Avvenire hanno dedicato spazio a un fenomeno sociale con evidenti conseguenze politiche, che nelle democrazie occidentali è tra le cause dell’ascesa del cosiddetto populismo. Ma il concetto di classe media, definito semplicemente in base all’appartenenza a una fascia di reddito, è sufficiente a comprendere quel declino e gli effetti che esso dispiega sulla coscienza politica di massa? ECONOMIA Oggi Uber approda a Wall Street e due giorni fa si è svolta la prima giornata internazionale di mobilitazione degli autisti di Uber (e di Lyft) per chiedere paghe e condizioni di lavoro migliori. A muoversi in realtà sono stati solo alcune centinaia di lavoratori in diverse città della Gran Bretagna e degli USA. Ma il ghiaccio si è rotto e, soprattutto, il colpo all’immagine della società in un momento così delicato potrebbe fare effetto. SINDACATO In Irlanda, col referendum del 2 maggio, le infermiere e le ostetriche irlandesi confermano l’accordo raggiunto dal sindacato col Governo grazie alla mediazione della Labour Court e chiudono una stagione di scioperi iniziata a gennaio. Il risultati tuttavia è più basso del previsto.

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Newsletter230318: Datagate, un mondo che cambia

SOCIETA’ Il Datagate, lo scandalo che sta investendo Facebook, rappresenta una preziosa opportunità per riflettere su come la digitalizzazione e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale al servizio del Potere politico-economico rappresentino una sfida globale per l’umanità, ma in particolare per il mondo del lavoro e quelle che una volta chiamavamo le classi subalterne. Ma guardare alla punta dell’iceberg senza tenere presente che il vero problema si nasconde sotto il pelo dell’acqua significa fare un cattivo servizio all’informazione. E può portare da una parte ad attribuire alla tecnologia responsabilità che sono soltanto umane, o – se vogliamo – del nostro modello di organizzazione sociale, dall’altra a sopravvalutare gli effetti più superficiali dell’innovazione tecnologica, ignorando quelli più pericolosi. Mentre sarebbe importante riflettere su eventuali strategie difensive.  POLITICA Dall’America ci arriva anche una sollecitazione ad analizzare con la stessa attenzione, evitando schematismi controproducenti, il fenomeno del populismo. Jan-Werner Mueller, docente a Princeton e autore di un saggio sull’argomento che uscirà a maggio in Italia, respinge l’idea che la crescita del populismo sia l’effetto di un deficit culturale degli elettori. Un’idea che va di pari passo con quella che americani e britannici abbiano scelto Trump e la Brexit a causa di qualche milione di post su Facebook. Nell’establishment americano maturano analisi un po’ più serie di quelle che abbiamo ascoltato qui da noi nelle ultime settimane.

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