Newsletter081122: La Silicon Valley licenzia e spreme i superstiti

LAVORO Il piano di ristrutturazione lacrime e sangue annunciato da Twitter dopo la scalata di Elon Musk non è un caso isolato. Sono decine le aziende della Silicon Valley e del settore high-tech annunciano tagli al personale, blocco delle assunzioni e al contempo chiedono a chi resta di lavorare di più per contrastare il calo della produttività registrato dopo il boom del 2021. Ai dipendenti di Twitter addirittura Musk chiede turni di 12 ore sette giorni su sette. LETTURE Un volume pubblicato da un gruppo bordighista, la TIR, sulla guerra in Ucraina contiene informazioni e documenti interessanti su aspetti decisivi del conflitto – dalla condizione dei lavoratori nel Donbass agli interessi delle imprese italiane nella regione. Ma soprattutto una visione internazionalista e di ampio respiro della guerra e del contesto in cui è maturata.

Newsletter240622: INFLAZIONE Si ferma (per sciopero) anche la Gran Bretagna

SINDACATO La proposta di aumenti salariali assai al di sotto di un’inflazione ormai al 10% è una delle cause del “più grande sciopero degli ultimi 30 anni” in atto in questi giorni nei trasporti britannici e che potrebbe innescare analoghe mobilitazioni anche tra gli insegnanti e nella sanità. Boris Johnson si scaglia contro i lavoratori e il sindacato, mentre il leader laburista Keir Starmer chiede al suo partito di non solidarizzare con loro. Ma qualcuno, per fortuna, disobbedisce. LAVORO Un recente rapporto sui salari italiani dell’Osservatorio Job Pricing, un centro studi privato, mostra che, contrariamente alle tesi dei propagandisti liberali, su cuneo fiscale e produttività l’Italia si trova abbastanza in linea con le principali economie europee e che la contrattazione collettiva non riesce a garantire salari abbastanza elevati né a preservarne il potere d’acquisto. Un fenomeno certo aggravato dalla pandemia, ma che ha origini ben più lontane.

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Newsletter130721: Islanda, lavorare di meno senza perdere produttività

LAVORO Si può lavorare meno ore senza perdere produttività o addirittura aumentandola e vivendo meglio? Se lo è chiesto il governo islandese dopo una lunga campagna iniziata dopo il default e portata avanti da uno dei maggiori sindacati del pubblico impiego e da altre organizzazioni. Dopo una sperimentazione durata 4 anni la risposta è stata sì e oggi l’86% dei lavoratori dell’isola lavora 35-36 ore a settimana o ha la possibilità di richiederlo. Ma si tratta di un dato che rientra in un trend più generale. In Europa la Germania è il paese dove si lavora di meno, 26 ore a settimana, e la tendenza è a ridurre l’orario settimanale. SINDACATO L’Italia invece è uno dei paesi dove si lavora di più, 33 ore a settimana, 3 ore sopra la media europea. E nel settore della vigilanza privata, in piena vertenza per il rinnovo del contratto, le imprese italiane chiedono tra l’altro il superamento dell’orario giornaliero e una riduzione dei permessi. Ma i lavoratori, i meno pagati d’Italia, si ribellano e in una lettera indirizzata da decine di delegati sindacali alle proprie segreterie chiedono di agire e di tenerli al corrente della trattativa. “Sennò ci muoviamo da soli” è la minaccia. Ma il sindacato per ora tace.

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Newsletter011220: Salario minimo, botta e risposta con Adapt

LAVORO Un intervento di Francesco Seghezzi e Michele Tiraboschi (Adapt) sul Sole24Ore di venerdì accusa chi vuole introdurre il salario minimo orario in Italia di scegliere una scorciatoia che non affronta alla radice la questione salariale e prospetta come via maestra, invece, riduzione del cuneo fiscale e aumenti salariali legati alla produttività. Vorrebbe dire da una parte aumentare i salari a scapito dei servizi che oggi semmai bisognerebbe rafforzare per combattere il covid, dall’altra far finta di ignorare che sono proprio i bassi salari che hanno permesso alle imprese italiane di fare profitti senza investire. Rispondono gli organizzatori di “Salario minimo anche in Italia”. POLITICA Un’escalation di violenza poliziesca culminata la scorsa settimana in due episodi che lo stesso ministro degli interni ha definito “scioccanti”, ma il Governo reagisce proponendo una norma che vieterebbe la diffusione di immagini che colpiscono la “integrità morale o fisica delle forze dell’ordine”. Non accade in Ungheria, in Polonia o nell’America di Trump, ma a Parigi.

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