La sfida di Putin. Intervista a Yurij Colombo

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E’ da poco uscito La sfida di Putin. Come cambierò la Russia (Manifestolibri), di Yurij Colombo, un libello agile ma allo stesso tempo un’analisi che va oltre l’immagine stereotipata che l’informazione è solita dare della politica russa. Dietro alla personalità del suo leader, dell’autoritario ex ufficiale del KGB che siamo ormai abituati a vedere percorrere con passo marziale gli ampi corridoi del Cremlino superando porte che si schiudono magicamente al suo passaggio c’è, come sempre, una società, un blocco di potere, degli interessi economici, una cultura e una tradizione con cui misurarsi e una massa col consenso della quale, bene o male, ogni capo deve fare i conti. Concentrarsi esclusivamente sulla persona di Putin è un modo fuorviante per fare della politica mondiale un palcoscenico su cui si incontrano e si scontrano leader descritti dai media più sulla base di connotazioni morali che su un’analisi oggettiva di ciò che essi rappresentano. Il libro di Yurij Colombo capovolge questo approccio e coglie nelle caratteristiche personali di Putin l’espressione di ciò che oggi è la Russia e al tempo  stesso il retaggio di ciò che fu – ‘Putin è un figlio dell’URSS’, ci spiega Colombo, che intervistiamo mentre si trova in Russia per seguire i mondiali di calcio come corrispondente de Il Manifesto.

Visto che sei in Russia per la World Cup, partiamo da qui. Questi grandi eventi sportivi assumono spesso anche un significato politico. Che cosa rappresentano i Mondiali di calcio per la Russia di Putin e il suo leader?

Le grandi kermesse sportive sono sempre una vetrina per il paese che le ospita, in qualche misura anche politica. Ancora di più per un paese come la Russia, posto sotto la lente d’ingrandimento per quanto riguarda democrazia e diritti umani. Milioni di persone sono giunte da tutto il mondo e miliardi guarderanno la manifestazione alla tv. L’osservatore straniero equilibrato coglierà un paese sicuramente autoritario, ma non una dittatura. Un paese in cui la libertà di opinione ed espressione è tutelata e al contempo sotto tutela. Dove esiste un certo ordine, ma anche tanto paternalismo. Se tutto filerà liscio sarà una buona occasione per Putin per rilanciare il paese anche dal punto di vista turistico, settore che ha sofferto dopo la crisi Ucraina.

Per alcuni Putin è un demone, per altri un bastione antimperialista. Dal tuo libro ne esce fuori un personaggio che mescola abilmente continuità e discontinuità rispetto al passato sia imperiale che sovietico e un politico che, aldilà delle apparenze, si muove sempre con grande cautela e anche nei momenti di tensione cerca di non arrivare mai a un punto di rottura.

Putin è un figlio dell’URSS. Alcuni errori che portarono al suo crollo inaspettato negli anni ’80 li ha colti e cerca di non ripeterli. La Russia, come l’URSS, non è una grande potenza mondiale. In alcuni scenari può provare a giocare un ruolo, ma il suo ambito principale resta quello del ‘Vicino Estero’ e cioè l’area geopolitica dell’ex URSS. Putin è un politico cauto, ma che sa prendere decisioni importanti come nel caso della guerra con la Georgia, l’annessione della Crimea o l’intervento in Siria.

L’atteggiamento americano nei confronti di Putin è contraddittorio e mi sembra nascondere uno scontro nell’establishment USA: c’è chi oggi pensa che la maggiore minaccia per Washington venga dalla Cina. L’atteggiamento di Trump appare un riflesso di questo orientamento, che peraltro era emerso già in parte nell’ultimo periodo della presidenza Obama.

Per quello che ho potuto capire Trump voleva tentare davvero un ‘reset’, tentare davvero un nuovo inizio, con la Russia, ma le burocrazie di Washington, il Pentagono e altri poteri forti lo hanno subito placcato. Vedremo se l’incontro a Helsinki del 16 luglio aprirà una nuova stagione delle relazioni USA-Russia come molti analisti sussurrano, soprattutto su Ucraina e controllo degli armamenti. Tuttavia il Cremlino si trova a disagio con Trump, soprattutto per la sua imprevedibilità. Putin ha più volte detto di essersi trovato bene con Obama, di cui comprendeva strategia e orizzonte politico. Credo che l’ascesa di Putin abbia scompaginato le carte degli USA, che nell’era Eltsin avevano pensato veramente di far diventare la Russia una colonia americana o comunque occidentale. Anche per questo la reazione è stata violenta e fa parlare giustamente di una guerra fredda 2.0.

La Cina per Putin è fondamentale, nel senso che la Russia può osare di più nei confronti dell’Occidente, solo se Pechino le copre le spalle, anche dal punto di vista economico. Che ne pensi?

Finora i rapporti politici tra Mosca e Pechino erano assai limitati. Xi puntava ad aver le mani libere e, come aveva mostrato a Davos lo scorso anno, voleva essere alla testa di un fronte ‘liberista’ senza troppi vincoli ideologici, neppure antiamericani. Per questo i BRICS non sono mai diventati l’alternativa – semmai potessero riuscirci – al FMI o alla Banca Mondiale. Putin invece ci ha sempre puntato, conoscendo bene i limiti economici del suo paese. Ora però con l’incontro di alcune settimane fa, in contemporanea alla riunione dei G7, i due paesi hanno firmato un protocollo in cui si stringe per la prima volta un’alleanza politica, destinato ad avere delle ricadute significative nei prossimi mesi. Del resto la Cina nel 2017 è diventata il primo partner economico della Russia superando la Germania e le prospettive di collaborazione con la ‘Nuova Via della Seta’ sono ancora tutte da immaginare.

Uno degli aspetti su cui Putin ha fondato la sua politica estera è anche un apparato propagandistico molto attivo, che sfrutta le moderne tecnologie, da RT a Sputnik, che rifornisce spesso anche la propaganda dei suoi alleati in Occidente. Quanto pesa secondo te?

Negli ultimi anni l’apparato propagandistico russo si è ammodernato. Credo che soprattutto RT sia uno strumento molto valido dal punto di vista russo e infatti gli americani cercano costantemente di porlo sotto tutela. Questi strumenti, assieme ad altri siti, sono volti a dare un’immagine della Russia e del suo leader pacifica, benevolente e solida. Soprattutto solida: è ciò che piace a una certa opinione pubblica internazionale conservatrice e moderatamente antiamericana, che un tempo si divideva sulle linee di faglia della destra e della sinistra.

A proposito, dal tuo osservatorio, quanto sono profondi i rapporti tra Putin e CinqueStelle e Lega? E’ un legame puramente opportunistico di reciproca convenenza o c’è qualcosa di più strategico?

Quelli con il M5s assolutamente superficiali. Si possono ricordare le lodi di Grillo in occasione del referendum per l’unificazione crimeana e qualche invito da parte russa a singoli deputati del Movimento a partecipare a seminari in hotel 5 stelle all-inclusive in Crimea e poco altro. Con la Lega i rapporti ci sono e ufficialmente sono con Russia Unita, il partito di Putin. Il Cremlino ha un approccio in gran parte pragmatico rispetto a queste relazioni: se il governo italiano riuscirà a far ridurre le sanzioni contro la Russia, bene. Ma non si fanno soverchie illusioni. Come dimostra il voto di qualche giorno fa Salvini e Di Maio si sono uniformati alle decisioni del resto della UE sulle sanzioni. Peccato che la sinistra non abbia impugnato a suo tempo la battaglia contro le sanzioni antirusse.

La Russia come vede la politica italiana? L’informazione dà qualche risalto al fatto che ora al governo ci sia l’ ‘amico Salvini’

Ripeto l’approccio è molto pragmatico. La Russia ha buone relazioni in Europa sia con Orban sia con il governo di sinistra portoghese.

Tu hai diviso il regno di Putin in due fasi: una di ascesa economica legata alle entrate degli idrocarburi e una seguita alla crisi, in cui i miglioramenti economici e sociali pagati col gettito del gas e del petrolio si arrestano e vengono rimessi in discussione, minacciando anche la vera base sociale di Putin, cioè a chi lavora direttamente o indirettamente per uno Stato che controlla ancora gran parte dell’economia russa. Ci sono segnali di movimento sul piano sindacale?

E’ appena stata approvata la riforma delle pensioni, che aumenterà l’età pensionabile di 8 anni per le donne e 5 per gli uomini. La data della promulgazione del decreto è stata significativa: il 14 giugno, inizio dei mondiali di calcio: il calcio come arma di distrazione di massa. Ma, malgrado il clima estivo e i mondiali, è partita una certa mobilitazione nel paese (anche se fino al 15 luglio giorno della finale dei campionati sono vietate manifestazioni nelle città coinvolte dall’evento). Una petizione online della Confederazione dei Lavoratori Russi ha raccolto in pochi giorni2,5 milioni di firme. Ci sono state manifestazioni, seppur non significative, in 30 città, soprattutto in Siberia. Si vedrà in autunno; ma sicuramente i russi ci tengono ai pochi rimasugli rimasti del welfare sovietico: il rating di apprezzamento per Putin è calato del 4% in una settimana, anche se il presidente astutamente sulla questione si tiene un po’ super partes.

Se ho capito bene tu sostieni che in Russia il movimento delle donne e LGBT può giocare un ruolo anche più importante che nelle democrazie occidentali. Ci spieghi le ragioni?

Lo penso più per il movimento femminista che per quello LGBT. Le donne hanno un ruolo sociale decisivo nella società russa, ma questo non trova riscontro in professioni come l’economia e la politica. Inoltre c’è una scarsa protezione per le ragazze madri lavoratici, che sono un fenomeno diffusissimo in questo paese: gli ex mariti spesso non pagano gli alimenti e in termini di strutture di supporto come asili o colonie il paese è ancora molto indietro. Su questo si sta aprendo un significativo spazio politico, il tema è sentito. Il tema dei diritti delle ‘minoranze sessuali’, come viene chiamato qui, sta facendo passi in avanti, ma timidi. Il paese nel complesso mantiene una diffidenza verso gli omosessuali molto estesa, che sarà difficile rimuovere. Il gay-pride e ‘ogni manifestazione di propaganda omosessuale’ sono vietati per legge, compresa la possibilità di scrivere articoli o organizzare convegni. Da questo punto di vista si tratta di una battaglia che è solo all’inizio.

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