IMMIGRATI La mano pesante di Trump, che, come spiega un articolo su Guerre di Rete, ricorre addirittura ad app e criptovalute per inventivare la delazione nei confronti degli immigrati “illegali”, potrebbe far dimenticare che negli USA chi ha espulso più migranti è stato Obama, soprannominato da attivisti e legali degli espulsi “deporter in chief”. Ce lo ricordano due articoli di un sito d’inchiesta messicano: il primo sulla continuità delle politiche migratorie degli USA trasversalmente al colore politico delle amministrazioni, il secondo sulla guerra legale sui migranti in atto tra Trump e la presidentessa del Messico Claudia Sheinbaum Pardo.
Nell’era Trump, la guerra ai migranti passa anche dalle app
CHIARA CRESCENZI, Guerre di Rete, 4 giugno 2025
Nelle ultime settimane, hanno suscitato grande scalpore alcune applicazioni sviluppate per segnalare alle autorità competenti i cittadini stranieri che vivono in modo irregolare negli Stati Uniti. In particolare, secondo The Verge, a ricevere il sostegno di Donald Trump e dei filotrumpiani è stata ICERAID, un’app che promette di premiare con una criptovaluta proprietaria, il token RAID, “i cittadini che acquisiscono, caricano e convalidano le prove fotografiche di otto categorie di sospette attività criminali”. Tra queste i maltrattamenti di animali, i rapimenti, gli omicidi, le rapine, gli atti terroristici e, naturalmente, i migranti irregolari.
L’idea alla base dell’applicazione è quella di trasformare i cittadini in veri e propri “cacciatori di taglie” in collaborazione con le forze dell’ordine e le agenzie di sicurezza. Con ICERAID, gli americani hanno infatti la possibilità di scattare e caricare la foto di un presunto reato in corso, fornendo tutte le informazioni utili per consentire alle autorità competenti di intervenire, ma solo dopo che la veridicità della segnalazione è stata confermata (al netto degli errori) da un’intelligenza artificiale. Ma non è tutto. Come riportato da Newsweek, l’app vanta un “programma di sponsorizzazione” che promette di “ricompensare gli immigrati privi di documenti e senza precedenti penali che si fanno avanti, attraverso un programma di sostegno in cui vengono aiutati a perseguire lo status legale negli Stati Uniti tramite vari percorsi, tra cui l’assistenza per la ricerca di un avvocato specializzato in immigrazione”.
Eppure, nonostante i sostenitori di Trump abbiano promosso ICERAID in ogni modo possibile, l’applicazione non sembra star riscuotendo il successo sperato. Allo stato attuale, risultano solo otto segnalazioni di attività criminali da parte dei cittadini statunitensi, di cui soltanto tre ritenute valide dall’AI dell’applicazione. Una delle ragioni è probabilmente il fatto che l’app è stata rilasciata sul mercato senza che la sua criptovaluta fosse ancora disponibile, il che ha reso gli americani restii a utilizzarla. Ma anche la cattiva reputazione del fondatore del progetto Jason Meyers – accusato di appropriazione indebita di fondi in una delle sue attività precedenti – non ha contribuito alla credibilità di ICERAID.
Di certo, i sostenitori di Trump e gli esponenti della destra americana stanno cercando di trasformare i cittadini comuni in “vigilantes” pronti a dare la caccia ai migranti, con o senza il supporto della tecnologia. A gennaio un senatore dello Stato del Mississippi ha presentato una proposta di legge che prevedeva una ricompensa di 1.000 dollari per i cacciatori di taglie che avrebbero portato a termine la cattura di migranti entrati nel paese senza autorizzazione. Fortunatamente, la proposta non è mai diventata legge, ma ha comunque dimostrato qual è la direzione che sta prendendo la destra americana.
Trump sta spingendo i migranti all’autoespulsione con un’app
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sembra intenzionato a utilizzare ogni mezzo possibile per mantenere la promessa di combattere l’immigrazione irregolare e contenere i flussi di migranti in ingresso al confine sud-occidentale del Paese. Proprio qualche settimana fa, la segretaria alla Sicurezza nazionale Kristi Noem ha infatti annunciato il lancio dell’app Cbp Home, dotata di una funzione specifica che “offre ai cittadini stranieri la possibilità di andarsene ora e di auto-espellersi, il che darebbe loro l’opportunità di tornare legalmente in futuro e vivere il sogno americano”. Più nel dettaglio, l’applicazione non è altro che la versione completamente rinnovata di Cbp One, un’app promossa dall’amministrazione Biden per agevolare i migranti nel fissare un appuntamento per avviare le pratiche di richiesta di asilo negli Stati Uniti. Ora, invece, con Donald Trump l’applicazione ha preso tutta un’altra forma.
Secondo quanto riferito da Newsweek, Cbp Home offre alle persone che si trovano nel paese in modo irregolare, o a cui è stata revocata la libertà vigilata, la possibilità di comunicare al Dipartimento di Sicurezza Nazionale (DHS) la loro volontà di abbandonare gli Stati Uniti, così da evitare “conseguenze più dure”, come la detenzione o l’allontanamento immediato. Per accertarsi che abbiano davvero abbandonato gli Stati Uniti, l’app chiede una conferma della loro espulsione. “Se non lo faranno, li troveremo, li deporteremo e non torneranno mai più”, ha chiosato la segretaria Noem, facendo riferimento all’attuale legge sull’immigrazione degli Stati Uniti, che può impedire a chi è entrato in modo irregolare nel paese di rientrarvi entro un periodo di tempo che varia dai tre anni a tutta la vita. La nuova funzione di auto-espulsione di Cbp Home, infatti, fa parte di “una più ampia campagna pubblicitaria nazionale e internazionale da 200 milioni di dollari”, che include annunci radiofonici, televisivi e digitali in diverse lingue per dissuadere i migranti dal mettere piede sul suolo statunitense. In questo modo, Donald Trump spera di mantenere la promessa fatta durante la sua campagna elettorale: attuare “il più grande programma di espulsione nella storia del paese”.
Ad aprile dello scorso anno, in un’intervista al TIME, l’allora candidato repubblicano aveva dichiarato la sua intenzione di voler espellere dagli Stati Uniti “dai 15 ai 20 milioni di migranti”. Già dal suo primo giorno come presidente, Trump ha dimostrato di voler onorare quanto promesso. Poche ore dopo il suo insediamento, ha firmato una direttiva per dichiarare l’emergenza migratoria nazionale al confine con il Messico, e ha riattivato il programma “Remain in Mexico”, che costringe i richiedenti asilo a rimanere in Messico in attesa che venga elaborato il loro status di immigrati. Inoltre, coerentemente con le sue promesse elettorali, Trump ha presentato una proposta di legge per eliminare la concessione della cittadinanza automatica ai figli degli immigrati nati negli Stati Uniti.
La tecnologia per difendersi dalla politica di Trump
Con l’intensificarsi delle azioni, politiche e non, messe in campo da Donald Trump, anche i migranti stanno ricorrendo alla tecnologia per sfuggire ai raid delle forze dell’ordine e assicurarsi una permanenza nel paese. Secondo quanto riferito da Newsweek, nelle ultime settimane sta riscuotendo un buon successo SignalSafe, un’app di community reporting usata dai migranti o chi li aiuta per segnalare le operazioni degli agenti federali e della polizia locale. Una piattaforma che dichiara di non voler ostacolare le attività dell’ICE (United States Immigration and Customs Enforcement), ma che ha l’obiettivo di “dare potere alle comunità fornendo ai cittadini uno strumento per segnalare e condividere quello che accade negli spazi pubblici”, come riferiscono gli sviluppatori dell’applicazione, che per il momento hanno preferito mantenere segreta la loro identità.
Proprio allo scopo di “garantire la qualità e l’affidabilità” delle informazioni, SignalSafe utilizza “un’intelligenza artificiale avanzata per filtrare le segnalazioni inappropriate o palesemente false non appena arrivano”, che passano poi al vaglio di moderatori umani, i soli a poterle etichettare come verificate o revisionate. In questo modo gli sviluppatori si assicurano che gli utenti abbiano accesso a informazioni veritiere, che possano aiutarli a “prendere decisioni che proteggano se stessi e gli altri”. Negli ultimi anni, l’ICE è stata fortemente contestata per le sue pratiche che includono, tra le atre cose, l’uso di furgoni neri, passamontagna e incursioni improvvise. Una strategia di intervento che fa paura, e che spinge i migranti a rivolgersi alla tecnologia per cercare di tenere al sicuro famiglie, amici e conoscenti. Non stupisce, quindi, che SignalSafe non sia il solo strumento a cui i migranti stanno facendo riferimento per evitare l’espulsione dagli Stati Uniti.
Alla fine del mese di marzo, il Washington Post ha riferito che i migranti stavano facendo un largo uso dei social media per “condividere in tempo reale la posizione di veicoli e agenti dell’ICE”, utilizzando parole in codice come “camioncino dei gelati” per segnalare un furgone nero nei paraggi, così da evitare la censura sulle piattaforme e permettere ai loro coetanei di sfuggire ai controlli delle autorità competenti. Questa strategia, com’è facile immaginare, ha irritato i sostenitori di Donald Trump, che hanno reagito mostrando tutta la loro disapprovazione sui social media. Nelle prime due settimane di marzo, stando ai dati della società di analisi Sprout Social, ci sono state quasi 300.000 menzioni dell’ICE nei contenuti pubblicati su X, Reddit e YouTube (un aumento di oltre cinque volte rispetto allo stesso periodo di febbraio), il che dimostra quanto la questione dell’immigrazione sia al centro del dibattito pubblico.
In queste settimane i sostenitori di Trump stanno pubblicando decine e decine di segnalazioni false sulle attività dell’ICE, così da alimentare i sentimenti di paura e confusione nei migranti che cercano di salvaguardare la loro permanenza negli Stati Uniti. Una strategia che non sempre sembra funzionare. Come riferisce il Washington Post, i migranti preferiscono setacciare i social media alla ricerca delle informazioni giuste piuttosto che incontrare le forze dell’ordine, anche se questo richiede più tempo. E hanno valide ragioni per farlo, considerando che i filotrumpiani non perdono occasione per creare scompiglio. Lo dimostra la storia di People Over Papers, una mappa collaborativa che segnala i presunti avvistamenti dell’ICE in tutto il Paese e che ha ricevuto più di 12.000 segnalazioni da quando è diventata virale su TikTok alla fine dello scorso gennaio. Secondo quanto raccontato da Celeste, fondatore del progetto, dopo che gli account X Libs of TikTok e Wall Street Apes hanno pubblicato un post in cui sostenevano che People Over Papers aiutasse i criminali a eludere le forze dell’ordine, la mappa è stata invasa da decine e decine di segnalazioni false. Eliminate una a una dai volontari che seguono il progetto.
Gli strumenti di sorveglianza dei migranti
Se ICERAID e SignalSafe sono due applicazioni che coinvolgono i cittadini in materia di immigrazione negli Stati Uniti, non va dimenticato che già da qualche tempo il governo utilizza la tecnologia per sorvegliare i migranti che non godono di uno status legale nel paese, anche se non sono detenuti in carcere o in altre strutture specializzate, applicando loro strumenti di localizzazione come smartwatch e cavigliere. Nello specifico, secondo quanto riferito dal New York Times, le autorità governative stanno utilizzando l’app SmartLink sviluppata da Geo Group, uno dei più grandi fornitori statunitensi in ambito penitenziario, per monitorare la posizione di stranieri irregolari identificati dall’ICE. Grazie al programma “Alternative to detention”, questi possono continuare a vivere nel paese, purché segnalino alle forze dell’ordine la loro posizione attraverso l’applicazione quando richiesto, semplicemente scattandosi un selfie e caricandolo in-app.
Un metodo di sorveglianza invasivo, e una più ampia infrastruttura di sorveglianza messa in piedi anche da precedenti amministrazioni, che Trump sta ora sfruttando e intensificando. “Le tecnologie di sorveglianza promosse da Biden potrebbero contribuire al giro di vite sull’immigrazione promesso da Trump”, profetizzava già nel 2024 un articolo di AP. Già dai primi mesi del suo mandato, infatti, l’app sembra sia stata usata per comunicare all’ICE la posizione dei migranti, facilitandone così l’arresto. Secondo il Dipartimento di Sicurezza Nazionale, nei primi 50 giorni di mandato del nuovo presidente sono infatti stati arrestati più di 30.000 immigrati.
Non c’è da stupirsi, quindi, che Geo Group sia la compagnia che ha ricevuto più finanziamenti governativi di ogni altra. O che le politiche di immigrazione del presidente degli Stati Uniti abbiano fatto impennare il valore delle sue azioni sul mercato. Eppure, nonostante i sostenitori di Trump abbiano elogiato e supportato in ogni modo possibile questa tecnologia, gli esperti di sicurezza ne hanno criticato aspramente l’uso. “Il governo la presenta come un’alternativa alla detenzione”, ha dichiarato Noor Zafar, avvocato senior dell’American Civil Liberties Union, un’organizzazione non governativa per la difesa dei diritti civili e delle libertà individuali negli Stati Uniti. “Ma noi la vediamo come un’espansione della detenzione”.
USA Democratici e repubblicani criminalizzano ugualmente l’immigrazione
DARREN GARCÍA-FERNANDA MONROY–ANÍBAL GARCÍA, Contralínea, 13 maggio 2025
La politica migratoria degli Stati Uniti opera come un meccanismo di controllo razziale, sindacale e sociale e, dall’11 settembre 2001, anno dell’attacco alle Torri Gemelle, ha criminalizzato sempre più le persone in movimento, indipendentemente dal fatto che il governo sia democratico o repubblicano. L’immigrazione clandestina è funzionale al capitalismo americano, in quanto svaluta la forza lavoro e per contrastarla si innalzano muri, aumentano le detenzioni e le deportazioni di massa. In questo contesto la paura dei migranti diventa uno strumento politico in tempi di crisi interna.
Dal 2001 gli Stati Uniti si sono conformati come uno Stato in emergenza permanente. Questo ha portato alla promulgazione del Patriot Act, (una legge federale introdotta il 26 ottobre 2001 in risposta agli attacchi terroristici dell’11 settembre. L’obiettivo centrale era rafforzare gli strumenti investigativi e di controllo per prevenire e combattere il terrorismo, ampliando i poteri delle agenzie di intelligence e di contrasto al terrorismo). La legge ha modificato la struttura del Posse Comitatus Act (1878) [legge federale che limita la possibilità dell’esercito di intervenire in questioni di ordine pubblico civile, a meno che non sia espressamente autorizzato dal Congresso o dalla Costituzione. In sostanza, impedisce, salvo casi specifici, l’uso delle forze armate per far rispettare le leggi civili]. Il Patriot Act, inoltre, ha portato alla creazione e ristrutturazione del Northern Command (2002), dell’Homeland Security Act (2002).
A seguito degli attacchi dell’11 settembre 2001, l’anno successivo, l’Homeland Security Act creò un dipartimento esecutivo che univa diverse agenzie federali dedicate alla sicurezza nazionale. Così, nel 2003, l’ex Servizio Immigrazione e Naturalizzazione fu trasferito al nuovo Dipartimento per la Sicurezza Interna, che comprendeva lo United States Citizenship and Immigration Services (USCIS); lo United States Customs and Border Protection (CBP); e lo United States Immigration and Customs Enforcement (ICE). Il Dipartimento per la Sicurezza Interna quindi è una creatura nata da misure di emergenza e ha istituito diversi meccanismi per contrastare il fenomeno migratorio, tra cui la militarizzazione – ancora una volta – delle frontiere più trafficate del mondo, attraverso le quali circolano enormi quantità di merci.
Il fenomeno migratorio è profondamente legato ai cicli di crisi sempre più ricorrenti del capitalismo americano. È il caso del 1980, un decennio di profonde trasformazioni del capitalismo; si ripeté negli anni ’90 con l’entrata in vigore del North American Free Trade Agreement (NAFTA); e poi, nel 2008, quando scoppiò la bolla finanziaria di Wall Street, una crisi economica di proporzioni globali.
In un’intervista a Contralínea Ana María Aragonés, ricercatrice presso l’Istituto di Ricerca Economica dell’Università Nazionale Autonoma del Messico (UNAM), spiega che a partire dagli anni ’70 si è assistito a un “riallineamento tra forza lavoro e forza migratoria, ma poi si è presentato un problema importante perché è arrivata la globalizzazione neoliberista e dobbiamo ricordare che, sebbene si parli di libertà di circolazione delle merci e di libertà di scambio di capitali, queste hanno comunque frenato i lavoratori”.
La migrazione come fenomeno internazionale implica, tra le altre cose, l’espulsione di manodopera da paesi incapaci di assorbirla e l’assorbimento in altri. Tuttavia la migrazione irregolare o clandestina implica che, in questo processo sociale ed economico, il lavoro venga pagato al di sotto del suo valore. In un’intervista il dott. Raúl Delgado Wise spiega che “si tratta di una politica statale in cui esiste persino una divisione razziale del lavoro”.
All’epoca, questo fenomeno fu analizzato anche dalla Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi (CEPAL) nel suo articolo “CEPAL: L’impatto sociale, economico e culturale della migrazione è notevolmente positivo per i paesi di origine e di destinazione”. L’analisi mostra che, tra il 2000 e il 2015, il 38% della carenza di manodopera negli Stati Uniti è stata colmata da immigrati latino-americani. Di questi otto lavoratori su 10 erano messicani e centro-americani.
Se vogliamo misurare i cambiamenti demografici negli Stati Uniti, tra il 1980 e il 2022 l’età media della popolazione statunitense è aumentata da 30 a 38,9 anni e nel 2022 17 Stati avevano un’età media superiore ai 40 anni. Inoltre dal 2021 al 2022 il tasso di crescita della popolazione considerata bianca – secondo i dati dello United States Census Bureau – è stato dello 0,1%; al contrario nello stesso periodo la popolazione ispanica è aumentata dell’1,7%.
Immigrazione, un tema di sicurezza nazionale
La questione dell’immigrazione per gli Stati Uniti è una questione di sicurezza nazionale. Solamente nei due mandati di Barack Obama (gennaio 2009-gennaio 2017) sono state create tre categorie di immigrati irregolari indicate come obiettivo delle politiche di espulsione: chi rappresenta una minaccia per la sicurezza nazionale (sospetti terroristi o di spionaggio, membri di bande criminali o con reati pendenti e/o mandati di cattura); chi è da poco immigrato illegalmente; chi ha eluso i controlli una o più volte.
Inoltre durante il primo mandato di Donald Trump (2017-2021) le priorità sono diventate più sfumate, rendendo l’espulsione di tutti gli immigrati irregolari prioritaria, come ha stabilito l’Ordine Esecutivo per il Miglioramento della Sicurezza Pubblica all’Interno degli Stati Uniti.
Joe Biden (2021-2025) ha tentato di tornare alla politica di Obama, definendo nuovamente delle priorità con l’Ordine Esecutivo di Revisione delle Politiche e delle Priorità per l’Applicazione dell’Immigrazione Civile e il memorandum d’intesa del Dipartimento della sicurezza interna del gennaio 2021 ha ridefinito tre tipi di minacce poste dall’immigrazione clandestina: uno, sicurezza nazionale; due, sicurezza delle frontiere; tre, sicurezza dei cittadini.
Da Obama a Trump, la continuità delle misure anti-immigrazione
Le politiche dello Statostatunitensi in materia di immigrazione sono rimaste praticamente invariate, indipendentemente dal fatto che il governo fosse nelle mani dei Democratici o dei Repubblicani. Nel 2012 l’amministrazione del democratico Barack Obama ha creato il programma Deferred Action for Childhood Arrivals (DACA) per consentire agli immigrati irregolari portati negli Stati Uniti da bambini di richiedere periodi rinnovabili di esenzione dalla deportazione. Tuttavia la sua amministrazione è stata caratterizzata da un alto tasso di espulsioni.
Nel 2014 è stato pubblicato il programma Deferred Action for Parents of Americans and Lawful Permanent Residents (DAPA). Il programma mirava a offrire lo status di persone soggette ad “azione differita” rinnovabile e permessi di lavoro ai genitori di bambini con cittadinanza statunitense o residenti legali; tuttavia, nel 2015, questo programma è stato bloccato da diverse cause legali. E nel 2017 Donald Trump lo ha revocato.
Nel 2016 il presidente Obama ha proposto l’International Entrepreneurs Act. Il suo obiettivo era aiutare gli imprenditori stranieri a rimanere negli Stati Uniti e al contempo ad espandere le loro attività. E nel sottolineare queste azioni vale la pena notare che le “espulsioni”, o deportazioni, di messicani dal 2005 fino al picco del 2013 hanno continuato ad aumentare.
Da quel momento sono diminuite fino al 2023 (dati parziali dell’anno fiscale da ottobre a maggio). Durante la presidenza di Barack Obama gli USA sono stati il Paese che ha espulso il maggior numero di migranti: durante i suoi otto anni di mandato, 2,2 milioni di migranti messicani.
Se confrontiamo gli ultimi quattro anni di Obama con gli ultimi quattro anni della prima amministrazione di George Bush e il primo governo di Trump, è stato il democratico Obama ad aver espulso il maggior numero di migranti (poco più di un milione e poco più di 2,2 nell’intero mandato). Sotto Bush erano stati 784.132 e sotto Trump 776.976. È importante anche ricordare che tra il 2020 e il 2021, a causa della pandemia di COVID-19, si è verificata una situazione anomala.
Per quanto riguarda la continuità delle azioni intraprese dai governi statunitensi, con Trump alcune politiche imposte da Barack Obama sono state eliminate. Tra queste il DACA, programma di Status di Protezione Temporanea (TPS) e il programma di Azione Medica Differita, che consentiva ai migranti con gravi problemi di salute di rimanere fino a due anni dopo la scadenza del visto. Tuttavia la misura più controversa è stata senza dubbio la costruzione (o l’ampliamento) del muro di confine, anch’essa non una novità.
Nel contesto della pandemia Trump ha imposto il Titolo 42 per vietare l’ingresso agli stranieri per motivi di salute legati alla sicurezza nazionale. A ciò si sono aggiunte la politica del “Paese terzo sicuro” verso paesi come Guatemala, El Salvador e Honduras e accordi con Panama. Per il Messico, è stato implementato il programma “Rimani in Mexico”.
Già sotto l’amministrazione di Joe Biden erano state adottate diverse strategie e politiche per tornare al modello istituito da Obama. Tuttavia una strategia che ha caratterizzato le politiche migratorie è stata la Dichiarazione di Los Angeles del 2022, che ha stabilito di promuovere stabilità e assistenza alle comunità di destinazione, origine, transito e rimpatrio; di percorsi regolari per la migrazione; gestione umana della migrazione; risposta coordinata alle emergenze e un approccio comune per ridurre e gestire la migrazione irregolare.
Per quanto riguarda il Titolo 42, l’amministrazione Biden lo ha mantenuto fino al 2023, poiché la crisi, aggravata dalla pandemia di COVID-19, ha aumentato i flussi migratori verso il paese. Pertanto nel 2023 sono stati istituiti i seguenti programmi: Rafforzamento del Piano Umanitario Congiunto sulla Migrazione; Programma Regionale per le Migrazioni dell’Emisfero Occidentale; Collaborazione Emisferica tra Stati Uniti, Guatemala e Messico; Dialoghi di Sicurezza ad Alto Livello con Messico, Guatemala, El Salvador, Honduras, Colombia, Panama ed Ecuador.
Secondo i dati del governo statunitense, gli “incontri” della Border Patrol [guardia di confine] coi messicani sono in crescita dal 2017. Come nota metodologica aggiungiamo che nel 2021 e nel 2022 c’è stata una sovrastima del fenomeno dovuta ai ricongiungimenti. Il tasso di ricongiungimento – chi ha tentato di attraversare il confine due o più volte – nel 2022 è stato superiore del 26% rispetto al 2021. Dei 2,3 milioni di incontri, 1,7 milioni sono stati incontri una tantum, ovvero persone in cui l’anno precedente non ci si era imbattuti.
FIGURA 1: “Incontri” della Border Patrol con messicani (Fonte: Oficina de Estadísticas de Seguridad Interior).
Deportazioni e incontri
Nel corso del tempo le amministrazioni USA hanno modificato la definizione di persone prive di documenti legali. Attualmente queste vengono chiamate “illegali”, spiega il Dott. Jorge Santibáñez, critico verso la definizione, perché “non si può dire che una persona sia illegale. Si può dire che ha commesso un atto illegale, ma non che sia illegale; nessuna persona è illegale”.
Anche il termine “senza documenti” è errato “perché hanno documenti, hanno un passaporto, hanno una registrazione consolare. In molti Stati, hanno una patente”. Dopo aver escluso il termine anche dalle persone entrate nel Paese senza essere state controllate, è emerso un consenso sulla definizione di “non autorizzato”.
FIGURA 2: messicani irregolari negli USA (Fonte: Stime della popolazione di immigrati irregolari residenti negli Stati Uniti: gennaio 2018-gennaio 2022, U.S. Census Bureau. *Revisionato per coerenza con le stime derivate dal censimento del 2010 (U.S. Census Bureau, 2011). **Revisionato per mostrare l’impatto della metodologia aggiornata).
Come si può vedere dal grafico dell’U.S. Census Bureau qui sopra, la quantità stimata di popolazione messicana irregolare è diminuita costantemente dal picco del 2008 (in coincidenza con la crisi economica). Dal 2019 al 2022, i primi quattro anni del governo di Andrés Manuel López Obrador, la diminuzione è stata di circa 600.000 unità. Al contrario, durante il governo di Peña Nieto, la riduzione è stata di 480.000 unità nei primi quattro anni.
Dopo 22 arresti il Messico rafforza il sostegno ai migranti negli USA
FERNANDA MONROY, Contralínea, 20 giugno 2025
Dall’inizio dei raid a Los Angeles e delle proteste dei messicani a oggi negli USA 222 messicani sono stati fermati dal personale dell’Immigration and Customs Enforcement (ICE). In risposta la presidentessa del Messico Claudia Sheinbaum Pardo ha riferito che il sistema di assistenza ai cittadini messicani presso i consolati negli Stati Uniti è stato rafforzato.
A questo proposito la presidentessa ha spiegato che i consolati forniscono informazioni e indicazioni su cosa fare in caso di fermo da parte delle autorità statunitensi e mettono a disposizione tutti gli strumenti a disposizione per assistere tutti i messicani che vivono e lavorano negli Stati Uniti.
“Stiamo rafforzando i consolati e l’assistenza consolare per tutti coloro che sono trattenuti, così come il programma Messico ti Abbraccia (Mexico Te Abraza), attivo anche per tutti coloro che arrivano in Messico affinché possano trovare un lavoro, ricevere aiuto come previsto dalla Carta del Migrante, dal programma Apoyo Paisano e da tutti i programmi sociali a loro disposizione, inclusa l’iscrizione all’Istituto Messicano di Sicurezza Sociale (IMSS)”, ha sottolineato la presidentessa Sheinbaum Pardo.
Riguardo alle proposte inviate al Senato per la nomina di nuovi consoli, il capo dell’esecutivo federale ha dichiarato di aver aperto un bando che consente di candidarsi per partecipare al servizio consolare. Il bando, chiuso e deliberato dal Ministero degli Affari Esteri, ha visto affluire circa 200 candidature “con sensibilità sociale e disponibilità a fornire nuova attenzione ai nostri concittadini”, ma non tutte sono state selezionate.
Claudia Sheinbaum ha spiegato che la selezione è stata effettuata dal Ministero degli Affari Esteri, è stata pluralistica e non ne hanno beneficiato solo i candidati affiliati al partito Morena. Ha affermato anche di aver incontrato personalmente i candidati per spiegare i compiti che dovranno svolgere, sottolineando il loro impegno a essere vicini e attenti ai concittadini.
Inoltre ha raccontato che i candidati selezionati hanno seguito corsi di formazione e attualmente sono impegnati in un periodo di prova. In risposta alle critiche sulla presenza di militari e membri del PRI tra i consoli, la presidentessa Sheinbaum ha risposto: “Se avessimo proposto altre persone, ci avrebbero criticato anche loro. È stata condotta una selezione; c’erano molte altre persone che volevano partecipare, ma non soddisfacevano i requisiti”.
Traduzione dei due articoli di Contralínea di Gino Mirabelli Badenier e Giovanna Biscu.