PRIMO PIANO Anche gli attori lottano…

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Per una star con cachet da favola ce ne sono almeno 99 che faticano ad andare avanti e magari ci riescono solo facendo il cameriere o la hostess per arrotondare. Sono i lavoratori dello spettacolo, che secondo ‘Vita da artisti’, ricerca promossa da SLC CGIL e dalla Fondazione Di Vittorio raccogliendo circa 5mila questionari, in Italia guadagnano in media circa 5mila euro lordi l’anno. La paga sindacale giornaliera di un attore teatrale professionista è 65 euro lordi e la diaria, che dovrebbe coprire le spese di vitto e alloggio in trasferta, è tale che o ci si fa ospitare da amici oppure c’è il rischio di dover usare una parte del salario per pagarsi l’albergo. Se poi l’assunzione avviene – come accade sempre più spesso – in forma di collaborazione a partita IVA, allora tutto è rimesso alla contrattazione individuale, con condizioni anno dopo anno sempre più difficili. Il problema però non sono solo le paghe ma la precarietà del rapporto. Per maturare un anno di anzianità contributiva servono almeno 120 giornate lavorative l’anno, un traguardo che coi tempi che corrono  è diventato sempre più un miraggio.

Le imprese del settore però continuano a chiedere di tagliare il costo del lavoro. Nella trattativa in corso per il rinnovo del contratto nazionale l’AGIS e le altre organizzazioni dei teatri chiedono l’introduzione del lavoro a chiamata in sostituzione della ‘scrittura continuata’, di fatto un contratto a tempo determinato, e tagli alla paga nel periodo di prova in cambio di un aumento della paga giornaliera di 10 euro in tre anni. Agevolazioni che peraltro una parte delle imprese al tavolo, le cooperative, hanno già ottenuto nel contratto firmato nel 2014 da CGIL CISL UIL. Per questo gli attori riuniti sotto la sigla di Facciamolaconta in questi giorni hanno lanciato un’iniziativa di volantinaggio davanti ai maggiori teatri delle città italiane rivolgendosi al proprio pubblico. Facciamolaconta è un gruppo di oltre 1200 attori nato due anni fa sulla base di un appello che oltre al riconoscimento giuridico della professione di attore chiede la revoca dei finanziamenti pubblici ai teatri che non rispettano il contratto nazionale di lavoro e pari tutele in tema di disoccupazione, maternità e malattia ai lavoratori assunti con partita IVA. Ed è stato uno dei soggetti che ha collaborato alla raccolta dei dati per ‘Vita d’artisti’. Con l’azione di questi giorni Facciamolaconta denuncia il fatto che l’Italia sia quasi l’unico paese europeo che non dà un riconoscimento giuridico alla professione di attore (che la stessa UE chiede agli Stati-membri di introdurre entro il 2020), ricorda appunto i 5mila euro lordi di reddito medio e che nel 2017 i teatri pubblici e privati italiani hanno ricevuto in tutto soltanto 67 milioni di euro di finanziamenti pubblici del cosiddetto FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo). In Francia solo i teatri pubblici ricevono quasi 4 volte tanto. In Italia poi circa il 70% dei fondi servono a pagare i costi di funzionamento dei teatri. E del 30% rimanente destinato alle produzioni solo un sesto viene impiegato per retribuire il lavoro. ‘Se ci amate come attori non dimenticateci come lavoratori’ è l’invito finale a un pubblico che mercoledì, alla prima uscita davanti al teatro Eliseo, una delle più note sale del centro, ha reagito con stupore a quanto leggeva ma anche esprimendo solidarietà. Dopo l’Eliseo, l’Argentina e il Vittoria a Roma e lo storico Piccolo di Milano Facciamolaconta sarà presente davanti ai teatri di Torino, Genova, Bologna e Napoli. Un modo per segnalare al pubblico del teatro i problemi di un settore di lavoratori che si fa fatica a percepire come tale, ma anche di far arrivare un segnale ai teatri ‘che stanno cercando di smantellare il nostro contratto nazionale, unica garanzia dei nostri diritti’ e – aggiungono rivolgendosi  al pubblico – ‘della qualità degli spettacoli che voi venite a vedere’. Un segnale che suona anche come un richiamo a un sindacato che ha la responsabilità di portare la stessa determinazione di questi lavoratori al tavolo di trattativa. L’ultimo appuntamento, fissato per il 9 marzo, è stato rinviato dai teatri, ufficialmente a causa dello sciopero dell’8 marzo, più probabilmente perché si aspetta di capire quale sarà lo scenario politico futuro, in un settore che va avanti col contributo determinante del finanziamento pubblico.

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