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Ernest Mandel (1923-1995), belga nato in Germania, militante politico marxista, trotskista e oppositore dello stalinismo sin dall’adolescenza, scampato alla morte in campo di concentramento, dove era stato internato dai nazisti in quanto ebreo e comunista, è stato anche un acuto studioso, il cui contributo spazia dalle opere storiche, come questa sul secondo conflitto mondiale, all’analisi del ciclo economico, fino a una nota Storia sociale del romanzo poliziesco, il che ne fa uno degli intellettuali marxisti più poliedrici del Novecento. 

Porre il problema della guerra oggi non è un mero esercizio storiografico. La caduta del muro di Berlino che nel 1989 ha concluso il “secolo breve” (Eric J. Hobsbawm), mettendo così fine alla “guerra fredda”, non ha inaugurato un’era di pace sotto l’egida dell’impero statunitense. Anzi, il dissolvimento del blocco sovietico, il lento ma inarrestabile declino degli USA (di cui le recenti vicende afghane sono un riflesso emblematico) e, soprattutto, la spettacolare ascesa dei giganti asiatici, con in testa l’imperialismo cinese, hanno aperto un secolo che non sappiamo se sarà anch’esso breve, ma possiamo già dire che sarà agitato. (dall’Introduzione di P. Acquilino)


Ernest Mandel, Il significato della Seconda guerra mondiale


PuntoCritico, 2021, 316 pp., prima ed. italiana, 15 euro (ISBN 979-12-200-9948-6). Introduzione di P. Acquilino e traduzione di A. Mannoni. In appendice: E. Mandel, Premesse materiali, sociali e ideologiche del genocidio nazista.


Un libro sulla guerra di ieri...


...per comprendere i conflitti di domani

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