TORINO Appendino inciampa nel caso Foti

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Un piccolo scandalo rivelato nei giorni scorsi da Repubblica, inerente i compensi dell’ad di GTT, conferma l’impressione che a governare Torino siano le ‘larghe intese sottobanco’ tra Appendino e Chiamparino e che lo scontro interno al PD si riverberi all’interno del M5S.

La giunta torinese a cinque stelle rischia di trovarsi in forte imbarazzo dopo le rivelazioni di Repubblica sugli indebiti compensi percepiti dall’amministratore delegato della GTT, l’azienda di trasporto del Comune. I fatti: Foti, che è tornato a Torino l’anno scorso per ricevere la direzione della GTT dopo alcuni anni trascorsi ‘in prestito’ all’omologa messinese ATM (oggi in liquidazione), è in pensione. Di conseguenza per la Legge Madia non dovrebbe percepire alcun compenso in quanto amministratore di una società pubblica. Anche a Messina Foti aveva dichiarato di prestare la propria opera in modo assolutamente gratuito e a Torino ufficialmente GTT non gli versava alcun emolumento.

Legge Madia aggirata

Ma, riferisce Repubblica, l’amministratore delegato in realtà percepisce 64.000 euro l’anno che gli derivano da alcune cariche che ricopre in quanto rappresentante della GTT e da un benefit aziendale. Foti infatti è vicepresidente e tesoriere di ASSTRA, l’associazione di categoria delle aziende di trasporto pubblico locale, incarichi per i quali riceve 26.000 euro, nonché vicepresidente di Buscompany, società partecipata al 30% da GTT e per questo incarico riceve altri 15.000 euro. Un totale di 41.000 euro, che il manager dovrebbe versare nelle casse della società, ma che invece secondo Repubblica trattiene e a cui si aggiungono i 1.900 euro al mese che GTT paga per un appartamento in zona Crocetta e che Foti utilizzerebbe nei giorni in cui esce tardi dall’ufficio, spesa giustificata dallo stesso amministratore perché andare in albergo sarebbe più costoso.

‘Anche a Messina Foti usufruiva di un alloggio pagato e dell’aereo per tornare a casa ogni fine settimana’, spiega Michele Schifone, RSU dell’Unione Sindacale di Base alla GTT, ‘ma lì la cosa era comprensibile, visto che abita a Torino. In questo caso invece tra la direzione della GTT e Rivalta, dove Foti risiede, ci sono 15 chilometri e non si capisce perché non sia possibile, al limite, usare una macchina aziendale ed eventualmente un autista per tornare a casa nei giorni in cui il lavoro si prolunga oltre l’orario’. Ma l’aspetto che colpisce il sindacalista è soprattutto un altro.: ‘Ci sono autisti e manovratori che a volte tra un turno e l’altro hanno un intervallo di sole 8 ore e magari abitano a 100 chilometri di distanza dal loro deposito, perché un appartamento a Torino non se lo possono permettere, non alla Crocetta, ma neppure in quartieri popolari in periferia come Mirafiori’. Schifone, in un video pubblicato su Youtube, ha chiesto conto all’ad di GTT del perché  non risponda alle richieste di aumenti di stipendio e migliore sistemazione dei turni per i dipendenti, anche per risolvere il problema dei trasferimenti tra casa e lavoro, e anzi non si faccia problemi a sprecare così le risorse aziendali.

Larghe intese (sottobanco)

Perché la vicenda è particolarmente imbarazzante? Per un verso perché si somma ad analoghe e talvolta peggiori episodi che riguardano la giunta Raggi a Roma e in particolare le sue scelte inerenti gli amministratori delle aziende partecipate. Ma allo stesso tempo perché non stiamo parlando di un dirigente qualunque. Come avevano ricostruito in PuntoCritico181218 infatti Foti è un manager molto vicino ad ambienti del PD torinese e in particolare fa parte di un gruppo di dirigenti della GTT legati all’ex assessore ai trasporti di Fassino, Claudio Lubatti e a un’ala del PD che fa capo al  presidente della Regione Piemonte Chiamparino. Dirigenti che la giunta a cinque stelle non solo ha confermato, ma ha piazzato tutti in posizioni strategiche della società. Al punto che i vertici della GTT ormai sono tutti in mano a questa ristretta cerchia. Insomma l’impressione che si ricava da questa vicenda è che il governo di ‘larghe intese sottobanco’, di cui avevamo parlato un anno fa (PuntoCritico093018), pur con qualche contraddizione, stia andando avanti.

Del resto è difficile non notare che sulla vicenda della Torino-Lione, il tema su cui da mesi infuria lo scontro tra Chiamparino e il Governo (in particolare col Ministro dei Trasporti Toninelli), la sindaca abbia tenuto un profilo molto soft, limitandosi a giudicare le decisioni del Governo ‘coerenti’, invitando le madamin che guidano la  mobilitazione SI’ TAV a un incontro (snobbata in favore del Quirinale) e lasciando che a rispondere nel merito a Torino sia qualche consigliere comunale del Movimento.

Insomma anche a Torino la rivoluzione a cinque stelle, che avrebbe dovuto cambiare tutto, sembra in realtà indirizzata a cambiare poco e la sindaca appare intrappolata in un asse con una delle tante fazioni interne al PD in perenne lotta tra loro, quella di Chiamparino, col rischio che analoghe tensioni si manifestino anche all’interno del M5S. Più che un rischio, a dir la verità, una certezza: basti pensare al braccio di ferro tra Appendino e il Movimento in merito alla posizione di Paolo Peveraro, presidente di IREN, la multiutility partecipata dal Comune di Torino, nonché ex assessore di Chiamparino ed numero due dell’ex presidente della Regione Mercedes Bresso. La sindaca avrebbe voluto confermare il manager, ma pare che i suoi vogliano sostituirlo a tutti i costi (e che proprio in questi ultimi giorni potrebbero averla spuntata). Le elezioni regionali, che in Piemonte si svolgeranno in contemporanea con le europee del 26 maggio, potrebbero essere un fattore di accelerazione di questi conflitti e potrebbero anche non essere del tutto estranee allo scoop di Repubblica.

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